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L’altro – La Parola con cui Cominciare

L’altro – La Parola con cui Cominciare

Vorrei partire da un concetto che sta dentro il termine “altro”.

Non a caso, per dirlo come lo vorrei intendere, Altro ha bisogno di un piccolo “aiutino”; la grammatica ci viene simbolicamente in aiuto.

Se dicessi solo Altro, non esprimerei il concetto imprescindibile da cui partire per poter viaggiare insieme nelle parole. Altro nel suo uso convenzionale ci parla di aggiungere ( c’è altro?, chiediamo in un dialogo quando vogliamo sapere se sono finite le richieste; desidera altro? Ci chiede un cameriere al tavolo del ristorante prima di chiudere le nostre ordinazioni) ma basta accostarlo ad un articolo e l’altro diventa la parola di cui abbiamo bisogno per cominciare a trascorrere questo tempo insieme. La parola stessa anche solo graficamente ci riconduce alla simbolica importanza della contaminazione e del supporto, della vicinanza, nella convivenza tra esseri umani.

La chiave che vorrei ognuno di noi avesse è questa: pensare di non essere da soli, pensare sempre che c’è un altro, che c’è l’altro. C’è l’altro quando ridiamo di qualcosa con un amico senza pensare che quello che ci fa ridere può provocare sofferenza in chi ascolta. C’è l’altro quando gli scagliamo contro parole senza conoscere l’effetto che sortiranno su di lui.

C’è l’altro quando dite puttana, mongoloide, autistico. C’è l’altro contro cui scagliate parole, e c’è un altro invisibile e non presente ed ha diritto che la sua dignità, che il suo ritardo mentale o la sua particolarità vengano comprese prima e rispettate poi.

E sopratutto non perdete mai di vista l’idea che l’altro domani potreste essere voi. Perché anche se non siete di colore, se non avete gestito con leggerezza una storia d’amore, se non avete un ritardo mentale, non siete in sovrappesso oggi, questo non vuol dire che ciò non accadrà domani, che domani non sarete voi a dover gestire le conseguenze di scelte sbagliate dovendo anche subire il giudizio degli altri; che non siano i vostri fratelli minori o i vostri figli, gli autistici o i ragazzi con un ritardo che verranno presi in giro.

Pensiamo sempre che l’altro che vediamo ed anche l’altro che esiste nel mondo seppure a noi non visibile, è una parte di noi. Ignorare l’altro vuol dire ignorare se stessi e le proprie innumerevoli sfaccettature. Chi non si è mai sentito diverso almeno una volta nella vita? Diverso è una bellissima parola, nel tempo purtroppo è stata privata dalla sua natura.

Questa è una parola che parla di ricchezza, di aggiungere, di molteplicità e nel tempo è stata invece utilizzata per traferire isolamento e minoranza,

Negli utlimi anni usata nel politicamente corretto per definire i disabili: “diversamente abili”, per esempio. La diversità è una ricchezza infinita, quando dite diverso provate a pensare in cosa voi siete diversi rispetto ad un altro, in cosa differite, in cosa vi distinguete. Ed ecco che questo basta per pensare che l’altro siete voi, ed allora ecco in più che basta davvero poco per sentire l’impulso inarrestabile di difendere l’altro che siamo noi. Di amare l’altro, che siamo noi. Di battersi per la libertà dell’altro che domani da essere libero potrà difendere noi.

Proviamo ad inserire questa parola: l’altro nel nostro linguaggio comune. Usando questa parola quando parliamo o pensiamo, comincerà a diventare quasi un riflesso ragionare come se quello che facciamo non influenzi solo la nostra vita ma quella di un altro che esiste e vive, come esistiamo e viviamo noi; in modo di sentire la responsabilità concrete di quanto peso abbia quel che diciamo. Quello che scegliamo di dire. Le parole che scegliamo di usare.

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